Scena d’interno appena tratteggiato, le luci della classicità natalizia rimpiazzate dai bagliori un po’ glamour e un po’ kitsch di due sfere rotanti, come in una discoteca domestica; e sul ritmo percussivo dell’incipit di Billy Jean di Michael Jackson la voce luminosa di Nicola Vorelli (nella foto), mescolando i referenti armonici, introduce la melodia di Lacreme napulitane. È in questo gioco di scarto e di contraffazione che si potrebbe sinteticamente racchiudere il senso estetico di Very Christmas Superstar, breve divertimento teatral-canoro ideato e realizzato da Claudio Finelli e Myriam Lattanzio, che rilegge in chiave sbarazzina e progressista alcuni aspetti di certa consuetudine “educativa” che gravita intorno al Natale.
Nel rituale antico del bilancio di fine d’anno, culminante con l’aspettativa del premio-regalo, il protagonista Nicola Vorelli rivela, con l’espediente del monologo finto-interiore tipico della cinematografia dei buoni sentimenti, il desiderio trasognato di un fanciullo da amare, come l’ipotetico ed immateriale controsoggetto di una fiaba popolare. Rispettando il canone narrativo il ragazzo magicamente arriva, ed è un danzatore di bellezza adolescente, il giovane Antonio Parisi, che piroetta come una rondine disneyana intorno al suo evocatore. Con ripetuta ironia la narrazione ripercorre gli stilemi della tradizione “conformante” per aggiornarli apertamente a modalità nuove, spostando il confine del desiderabile entro il perimetro inclusivo della contemporaneità.
Il tema dell’amore omosessuale è perciò assecondato come puntello legittimo di una fiaba moderna che, nel carnevale garrulo e disordinato della scena, respinge un’interpretazione monodica della felicità; mentre al sorriso, seppure compiaciuto, viene sottratta una breve parentesi “militante” di riflessione più pura, in cui allo spettatore viene proposta per moto contrario, e con effetto di disturbante accumulazione, una sequenza di crimini di odio avvenuti in Italia in tempi recenti. È soltanto un breve inserto documentale, ma la sua collocazione “straniata” assicura una certa efficacia comunicativa.
La scrittura scenica procede dunque con necessaria levità, costruendo il senso semplicemente attraverso il nesso minimale delle canzoni, supportato da una leggera coreografia mimico-danzante. Alla potenza suadente del canto di Vorelli fa da complemento la grazia imperfetta del gesto di Parisi, tutto sommato funzionale a una lettura non estetizzante, ma ironica della scena. Lo spettacolo, andato in scena nei giorni di fine dicembre a Roma (Papyrus Cafè) e a Napoli (Penguin Cafè e poi Spazio Libero), ha registrato il pienone in tutte le repliche, come si conviene ad una vera favola di Natale.
Teatro